Come siamo arrivati qui
Il primo esperimento
Ricordo ancora Luca, un pianista di 34 anni che non riusciva più a improvvisare. Tecnicamente perfetto, emotivamente bloccato. Gli abbiamo proposto un esercizio assurdo: suonare bendato per quindici minuti al giorno, concentrandosi solo sulle sensazioni fisiche.
Tre settimane dopo, è tornato con registrazioni che nemmeno lui riconosceva come sue. Non avevamo fatto magia. Avevamo semplicemente creato uno spazio dove poteva ascoltarsi senza giudicarsi.
Quello che facciamo davvero
sarolynteva non è una scuola di musica tradizionale. E non è nemmeno terapia nel senso clinico. Lavoriamo in quello spazio intermedio dove la pratica musicale incontra la consapevolezza emotiva.
I nostri percorsi sono strutturati ma flessibili. Partiamo sempre da dove sei tu, non da dove pensiamo dovresti essere. Alcuni dei nostri partecipanti sono musicisti professionisti che cercano una connessione più profonda con il loro strumento. Altri non hanno mai toccato una tastiera in vita loro ma sentono che la musica potrebbe aiutarli a capire qualcosa di sé.
Lavoriamo con piccoli gruppi, massimo otto persone, perché questo non è un corso dove qualcuno parla e tu prendi appunti. È un laboratorio dove si sperimenta insieme.
Il nostro approccio (quello vero)
Non promettiamo trasformazioni miracolose. La verità? Alcune persone trovano esattamente quello che cercavano. Altre scoprono cose che non si aspettavano. E qualcuno decide che non fa per loro, ed è perfettamente normale.
Quello che possiamo garantire è un ambiente dove sperimentare senza pressione. Dove nessuno ti giudica se suoni una nota sbagliata o se hai bisogno di fermarti perché un esercizio ha fatto emergere emozioni inaspettate.
I nostri programmi partono da luglio 2026, con sessioni di gruppo che si svolgono due volte a settimana per tre mesi. Non è un impegno leggero, ma nemmeno qualcosa che ti consuma la vita.